LORENZO LOTTO
Lo stile e l’opera
Dopo secoli di oblio, grazie alle mostre promosse a lui dedicate a Venezia (1953), Ancona (1981), Washington (1997), Bergamo e Parigi (1998), Roma (2011), Madrid, Londra e Macerata (2018/2019), Lorenzo Lotto, (Venezia 1480 ca. – Loreto 1556/ 1557), è stato conosciuto dal grande pubblico nella complessità della sua opera e nella sua cifra stilistica ineguagliabile, che lo consacrano come uno degli artisti più importanti e rivoluzionari della storia dell’arte occidentale.
Fin dai suoi esordi nelle opere trevigiane, legate alla colta committenza del vescovo umanista Bernardo de’ Rossi, egli infatti innesta sul classicismo e cromatismo veneziano di Giovanni Bellini una propria cifra personale dove la qualità del colore, l’attenzione al dato ottico e materico, influenzato dall’arte nordica di A. Durer, il complesso simbolismo e la lucida iconografia dei particolari, l’attenzione maniacale al dettaglio, il respiro pienamente rinascimentale delle sue opere, così diverso dalla forza olimpica di un Tiziano o dal classicismo di Raffaello, conferiscono ai suoi dipinti un’impronta straordinaria.
Di fede cattolica ma circondato da amicizie legate al luteranesimo, Lorenzo Lotto, a differenza di altri artisti dello stesso periodo, abbraccia una concezione dell’arte intesa come momento di riflessione suprema e aperta dei principi e soggetti religiosi che essa rappresenta e nello stesso tempo come momento di confronto con la sfera del sacro umanizzata.
Chiamato “pictor celeberrimus” fin dal 1505, dopo aver consegnato il Polittico di San Domenico di Recanati (1506-1508), nel 1509 l’artista è documentato a Roma dove decorò per Giulio II le Stanze vaticane ma i suoi affreschi furono in seguito distrutti per ordine del pontefice stesso e sostituiti con quelli di Raffaello. Come documentano le successive Deposizione (1512, Pinacoteca di Jesi) e Trasfigurazione (1510-1512 circa, Recanati, Villa Colloredo Mels), che richiamano Raffaello, l’ambiente romano segnò sensibilmente il percorso stilistico dell’artista.
La sua stagione più intensa e felice si svolse a Bergamo, tra il 1513 e il 1525. È infatti in questa città che, a contatto con la tradizione naturalista lombarda, distante dal classicismo romano, emergono i tratti più caratteristici della pittura dell’artista cioè la ricerca sui colori, sulla luce e la resa psicologica dei personaggi che egli esprime pienamente nelle pale d’altare, nei ritratti e nei cicli d’affreschi. Tra questi spicca quello dell’Oratorio Suardi vicino Bergamo (1524) dalla complessa iconografia: nel ciclo sono infatti narrate, con scene di grande invenzione e vivacità, l’una di seguito all’altra, le Storie di Santa Brigida e Santa Barbara quest’ultima caratterizzata dalla grande figura del Cristo al centro dalle cui mani si dipanano tralci di vite con evidente allusione all’Eucarestia. Nel periodo bergamasco Lotto esegue e invia diverse opere nelle Marche.
Trasferitosi a Venezia eseguì il San Nicola in Gloria (1529, chiesa di Santa Maria del Carmine), che non incontrò il favore dei contemporanei. Solo nel 1542 gli fu commissionata una seconda pala d’altare raffigurante l’Elemosina di S. Antonino per la chiesa domenicana dei SS. Giovanni e Paolo: al centro Sant’Antonino è intento a leggere mentre due angeli gli sussurrano, intercedendo per la schiera di poveri in basso, in attesa dell’elemosina. L’opera è considerata uno dei suoi capolavori per la felicità inventiva, la qualità della pittura e la resa dei volti dei personaggi.
Tra 1534 e 1539 l’artista risiede nelle Marche probabilmente ad Ancona e Macerata ed esegue pale d’altare e ritratti di grande suggestione come l’umbratile Pala dell’Alabarda di Ancona (1538) e la meditativa Madonna del Rosario di Cingoli (1539).
Nell’ultimo periodo della sua vita Lorenzo Lotto visse ancora a Treviso (1542-1545), Venezia (da qui invia a Mogliano l’Assunta del 1548) e poi nelle Marche: forse spinto da condizioni economiche non favorevoli, decide di vendere, tramite una lotteria ad Ancona presso la Loggia dei Mercanti, quarantasei opere. La vendita non diede i risultati sperati; nel 1552 si ritirò nella Santa Casa di Loreto dove realizzò dipinti a soggetto sacro, espressione diretta dello stile degli ultimi anni e della grandezza dell’artista.