Recanati città dell'Infinito

#infinitorecanati   Facebook   Instagram   Youtube   CONTATTI   Italiano   English

LORENZO LOTTO A RECANATI
Le opere di Recanati
IL POLITTICO DI SAN DOMENICO

CARTA D’IDENTITÀ

Polittico di San Domenico

 

Madonna con il Bambino, san Domenico, i papi Gregorio (XII?) e Urbano V, un angelo e due putti musicanti (pannello centrale)

San Tommaso d’Aquino e San Flaviano (pannello laterale sinistro)

San Pietro Martire e San Vito (pannello laterale destro)

Santa Lucia e San Vincenzo Ferrer (pannello laterale superiore sinistro)

Santa Caterina da Siena e San Sigismondo (pannello laterale superiore destro)

Compianto di Cristo morto sorretto da un angelo, san Giuseppe d’Arimatea, la Vergine e Maria Maddalena (cimasa)

1506-1508

Olio su tavola

Firmato e datato sul pannello centrale in basso:

LAVURENT LOTVS M D. VIII

Provenienza: Recanati, altare maggiore della chiesa di San Domenico.

Questo monumentale polittico fu commissionato il 20 giugno 1506 dai frati domenicani nell’ambito di un’ampia campagna di rinnovamento della chiesa gotica di San Domenico, una delle più importanti della città, tutt’ora situata su un lato della piazza principale.

L’opera, probabilmente la più pagata della lunga carriera di Lorenzo Lotto, con ben 700 fiorini (circa 320 ducati), descritta in maniera molto dettagliato da Giorgio Vasari nel 1568, era dotata di una cornice sostituita dall’attuale nel 1914, che segue in grandi linee quella originale.

Al centro del polittico figura la Madonna in trono col Bambino che consegna lo scapolare (lunga striscia di stoffa da indossare, propria degli ordini monastici cattolici) a San Domenico.

Negli scomparti laterali, tra i santi legati all’ordine domenicano, spiccano il santo titolare della Cattedrale Flaviano e il patrono di Recanati, San Vito. In alto svetta la cimasa raffigurante il Compianto di Cristo morto: il suo corpo irrigidito dalla morte, il grido trattenuto dell’angelo, il gesto devoto della Maddalena, lo sguardo oscurato della Madonna, l’espressione muta di Giuseppe d’Arimatea, fanno di questo scomparto del polittico una delle pitture più note e suggestive di Lotto. 

L’OPERA

QUADRO CRONOLOGICO

1506, 17 giugno 

Lorenzo Lotto è documentato a Recanati per prendere accordi in merito all’esecuzione del Polittico. I frati domenicani chiedono al Comune un contributo di 100 fiorini che sarà versato in tre rate (20 giugno 1506; 25 novembre 1510; 10 agosto 1511).
1506, 20 giugno

Viene stipulato il contratto per l’esecuzione del Polittico tra Lorenzo Lotto e i frati di San Domenico: esso prevede il compenso di 700 fiorini, di cui 100 a carico del Comune e l’ospitalità per il soggiorno dell’artista e di un suo collaboratore.

1506, 24 novembre

I frati di San Domenico chiedono e ottengono dal Comune venticinque tavole di legno da utilizzare per il polittico che, evidentemente, a questa data non è ancora iniziato. Nel corso del 1507 Lotto è a più riprese documentato a Recanati anche in relazione alla commissione della Trasfigurazione della Chiesa di Santa Maria di Castelnuovo (visibile nel museo).

1506, 26 luglio

Francesco Polini di Piermatteo orafo promette ai frati e al sindaco del convento di San Domenico di versare 60 fiorini per il politico che si stava per realizzare.

1507, 9 febbraio

Donna Vannella moglie di Nicolò di Pierpaolo promette 50 ducati al convento come contributo per l’anima sua e dei suoi defunti, per la realizzazione del Polittico.

1508

L’artista firma il polittico di San Domenico; fu completato o entro il 15 giugno, giorno del patrono San Vito o entro il 4 agosto 1508, festa di San Domenico. Nello stesso anno esegue anche la Madonna con il Bambino e i santi Ignazio (o Flaviano?) della Galleria Borghese, opera che dal punto di vista stilistico è molto legata al Polittico. Intrattiene rapporti con il celebre umanista Nicolò Peranzone della vicina Montecassiano e riceve pagamenti per una ad oggi non identificata, figura di un San Sebastiano. Nel 1509 è invece attestato a Roma al lavoro nelle Stanze Vaticane accanto a Raffaello.

1510-1511

È documentato a Recanati in relazione ad attività per la fiera cittadina e riceve a più riprese il compenso per il Polittico, fino al 15 maggio 1511. Nello stesso anno stipula il contratto per la pala della Deposizione di Jesi che consegna nel 1512. Esegue le altre opere recanatesi ovvero la Trasfigurazione e il San Giacomo Maggiore (visibili nel museo), il San Vincenzo Ferrer (cattedrale di Recanati) e lavora ad altre commissioni come la Giuditta e Oloferne (1512, Roma, Collezione BNL Gruppo BNP Paribas).

1568

Giorgio Vasari, nella seconda edizione delle Vite, è il primo a descrivere nell’altare maggiore di San Domenico il Polittico e i tre scomparti attualmente perduti della predella che, a partire da sinistra, raffiguravano: La predica di San Domenico, La Madonna di Loreto portata in volo dagli angeli, Papa Onorio che conferma la Regola a San Domenico.

1601

Il Polittico è registrato nella Chiesa di San Domenico da Giovan Francesco Angelita, storico della città e collezionista di opere del Lotto.

 1648

La descrizione del Polittico di San Domenico di Giorgio Vasari fu ripresa da Carlo Ridolfi (Le meraviglie dell’arte, 1648) e da Francesco Maria Tassi (Vite de’ pittori scultori e architetti bergamaschi, 1793) nelle parti dedicate alla biografia e opere di Lorenzo Lotto.

1711

Diego Calcagni nelle sue Memorie istoriche della città di Recanati segnala, a proposito della chiesa di San Domenico, che “Nel fondo del Coro si vede la bell’opera in tavola di Lorenzo Lotto celebre Pittore del su Secolo” e poi riporta integralmente la descrizione del Polittico che ne aveva fatto Giorgio Vasari nel 1568.

1723, 27 agosto

Una testimonianza rivela che a questa data il Polittico con relativa cornice sono nel coro della chiesa.

1783

L’abate di Treia Luigi Lanzi nel suo Taccuino di viaggio, dove descrive le opere d’arte dello Stato Pontificio, segnala nella Chiesa di San Domenico lo scomparto centrale del Polittico circondato dai Misteri del Rosario, alcuni scomparti come collocati nel coro ma anche nella camera del Padre Priore. Probabilmente tra la fine del sec. XVIII e l’inizio del XIX il Polittico venne completamente rimosso dall’altare maggiore e sostituito con una tavola raffigurante la Madonna con il Bambino e santi di Cristoforo Gherardi.

1801

Al 1801 risale un documento che attesta la presenza presso la Cattedrale di Recanati, dello scomparto di predella del Polittico raffigurante il Miracolo di San Pietro martire erroneamente individuato da Giorgio Vasari e con lui tutta la critica successiva, con la Predica di San Domenico.

1834

Amico Ricci nelle Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca di Ancona segnala le opere di Recanati di Lorenzo Lotto e in merito al Polittico lo descrive come “una tavola che servir doveva pel maggior altare della loro chiesa, e che oggi divisa in parecchi riparti orna il coro, e la chiesa medesima”. Scrive anche che “ed in fine nella predella (che più non trovasi) vedevansi figure si graziose, che opportunamente Vasari lodolle come cose preziosissime”.

1861

Giovanni Battista Cavalcaselle e Giovanni Morelli, in viaggio nelle Marche e in Umbria dal 27 aprile al 9 luglio per redigere l’inventario delle opere d’arte più significative presenti nel territorio dell’Italia unita, descrivono il Polittico smembrato, privo della predella, parte nel coro e parte nella sagrestia della Chiesa di San Domenico.

1876

Le sei tavole del Polittico sono riportate in chiesa e fissate a muro.

1896

Le sei tavole furono riunite e collocate in una sala del secondo piano del palazzo municipale, sede della pinacoteca comunale istituita il 26 Novembre 1872.

1914

Il polittico viene dotato di una nuova cornice su progetto di Oreste Grazzini che segue abbastanza fedelmente quella originale e ottiene almeno in parte l’effetto inizialmente pensato ovvero di forte unità sintattica con i pannelli dipinti.

1998

Il Polittico di San Domenico entra a far parte del percorso espositivo dei Musei Civici di Villa Colloredo Mels.

2011

Con l’ultimo grande restauro in occasione della mostra monografica dedicata a Lorenzo Lotto presso le Scuderie del Quirinale, curata da G. Villa, è apparso nel retro del Polittico, tracciato a carboncino, uno schizzo della carpenteria che sembra riconducibile al progetto originario, probabilmente un appunto che Lotto aveva lasciato per il maestro d’ascia nella bottega.

• Il Polittico descritto da Giorgio Vasari (1568)

Giorgio Vasari, nella seconda edizione delle Vite, è il primo a descrivere nella chiesa domenicana di Recanati il Polittico e i tre scomparti attualmente perduti della predella che, a partire da sinistra, raffiguravano: La predica di San Domenico, La Madonna di Loreto portata in volo dagli angeli, Papa Onorio che conferma la Regola a San Domenico.

 

La descrizione è compresa nel capitolo Vita di Iacopo Palma e Lorenzo Lotto pittori viniziani:

Essendo anco questo pittore giovane et imitando parte la maniera de’ Bellini e parte quella di Giorgione, fece in San Domenico di Ricanati la tavola dell’altar maggiore partita in sei quadri. In quello del mezzo è la Nostra Donna col Figliuolo in braccio che mette per le mani d’un Angelo l’abito a San Domenico, il quale sta ginocchioni dinanzi alla Vergine; et in questo sono anche due putti che suonano, uno un liuto e l’altro un ribechino. In un altro quadro è San Gregorio e Santo Urbano papi, e nel terzo San Tommaso d’Aquino et un altro Santo che fu vescovo di Ricanati. Sopra questi sono gl’altri tre quadri: nel mezzo, sopra la Madonna, è Cristo morto sostenuto da un Angelo, e la Madre che gli bacia un braccio e Santa Madalena; sopra quello di San Gregorio è Santa Maria Madalena e San Vincenzio; e nell’altro, cioè sopra San Tommaso d’Aquino, è San Gismondo e Santa Caterina da Siena. Nella predella, che è di figure piccole e cosa rara, è nel mezzo quando Santa Maria di Loreto fu portata dagl’Angeli dalle parti di Schiavonia là dove ora è posta; delle due storie che la mettono in mezzo, in una è San Domenico che predica, con le più graziose figurine del mondo, e nell’altra papa Onorio che conferma a San Domenico la Regola.

 

• I committenti

Gaspare di Giannino di Recanati, sindaco del convento di San Domenico, Giovan Domenico colto teologo predicatore e priore del convento e frate Agostino da Ratisbona, furono i committenti del polittico; Giovan Domenico fu probabilmente il principale interlocutore di Lorenzo Lotto per la progettazione iconografica dell’opera.

Va rimarcato inoltre che, oltre ai Domenicani e al Comune, alla realizzazione del Polittico contribuirono: la confraternita di Santa Lucia, che gestiva l’ospedale che aveva la sede proprio a San Domenico; la confraternita di San Pietro martire; Francesco Polini di Piermatteo orafo, che il 26 luglio 1506 promette ai frati e al sindaco del convento di San Domenico di versare 60 fiorini per il Polittico che si stava per realizzare; donna Vannella moglie di Nicolò di Pierpaolo, che promette il 9 febbraio 1507, 50 ducati al convento come contributo per l’anima sua e dei suoi defunti, per la realizzazione del Polittico.

 

• Il contesto e il legame con il Santuario di Loreto

Lorenzo Lotto approda a Recanati nel 1506 proveniente da Treviso, dove per colti committenti cittadini (come il vescovo Bernardo de’ Rossi) e il territorio ha già eseguito ritratti, soggetti allegorici e pale d’altare. L’artista sceglie quindi in modo oculato di soddisfare le esigenze dell’Ordine Domenicano di Recanati: il polittico sarebbe stato, infatti, grandioso; collocato in bella vista nella chiesa che si affacciava nella piazza principale cittadina, sede della importante fiera, fu anche ben ricompensato. La città di Recanati, inoltre, all’epoca governava il Santuario di Loreto che, oltre ad essere una nota meta di pellegrinaggio, già dal XV secolo era un cantiere in piena attività che aveva richiamato artisti di chiara fama come Melozzo da Forlì, Piero della Francesca, Luca Signorelli, Giuliano da Sangallo. Ai tempi di Lotto governatore della Santa Casa e vescovo di Recanati era il potente cardinale Girolamo Basso della Rovere, cugino di Giulio II, il papa che, il 21 ottobre 1507, decise di staccare Recanati da Loreto e di sottoporla direttamente al governo papale. Il 25 novembre, inoltre, comunicò che avrebbe inviato a Loreto l’architetto Donato Bramante per sovrintendere le grandi opere di ampliamento del Santuario.

Il Polittico di San Domenico viene quindi eseguito in un clima molto particolare: Recanati aveva perso la possibilità di incamerare tasse e introiti legati alla crescente notorietà del santuario mariano, ma Lorenzo Lotto fu soddisfatto della scelta fatta di aver accettato la commissione del grande polittico, consapevole che questo avrebbe potuto rappresentare per lui un ottimo biglietto da visita per approdare nel cuore del mecenatismo artistico dell’epoca: la Roma di Giulio II.

 

• Il soggetto e i personaggi  

Il polittico è legato all’Ordine domenicano e come tale, oltre ad esaltare la fondazione e i personaggi dell’Ordine, pone l’accento sui rapporti tra questo, ben rappresentato dai santi Domenico, Tommaso d’Aquino, Pietro Martire, Vincenzo Ferrer e Caterina da Siena e i protagonisti della storia sacra della città come i patroni San Flaviano e San Vito, senza dimenticare Santa Lucia cui era dedicata un’importante confraternita, co-finanziatrice dell’impresa che gestiva l’ospedale e che aveva la sede proprio a S. Domenico e il meno prevedibile San Sigismondo (così lo identifica Giorgio Vasari). Significativo anche il fatto che nel 1506, anno della commissione del polittico, si celebrava il giubileo lauretano: a tale ricorrenza sembra far riferimento, infatti, la scena dello scomparto centrale della perduta predella raffigurante la Madonna di Loreto portata in volo dagli angeli e la presenza di Urbano V, papa dal 1362 al 1370, che confermò ed ampliò i privilegi di Recanati nei confronti del Santuario di Loreto riconoscendone il culto e l’importanza. 

Madonna con il Bambino, San Domenico, i papi Gregorio (XII?) e Urbano V, un angelo e due putti musicanti (pannello centrale)

Nello scomparto centrale del Polittico viene raffigurata la consegna dello scapolare da parte della Madonna a San Domenico tramite un angelo. Alla sua destra si scorge Papa Urbano V e poi sulla sinistra il papa indicato da Giorgio Vasari come Gregorio: è incerto se si possa trattare del veneziano Angelo Correr, salito al soglio papale come papa Gregorio XII (che fu anche vescovo dal 1415 di Recanati e Macerata) o san Gregorio Magno, dottore della Chiesa.

San Tommaso d’Aquino e San Flaviano (pannello laterale sinistro)

Sul pannello laterale sinistro sono raffigurati San Tommaso d’Aquino, teologo e filosofo domenicano fondatore della Filosofia Scolastica, recante tra le mani nodose un libro semi aperto elegantemente rilegato, in omaggio al suo eminente ruolo e il vescovo patrono di Recanati San Flaviano, dai paramenti sacri riccamente decorati, la cui presenza accanto a quella di San Vito, fu richiesta dal comune di Recanati in occasione della concessione del contributo di 100 fiorini. Parte della critica individua nelle fattezze di San Flaviano il ritratto del vescovo di Recanati Teseo de Cuppis.

San Pietro Martire e San Vito (pannello laterale destro)

Sul pannello laterale destro si riconosce San Pietro Martire, predicatore e inquisitore domenicano noto per la lotta contro le eresie, del quale la tradizione locale ricordava la predicazione a Recanati e il dono della reliquia della Croce: è raffigurato con il falcastro sulla testa, con il quale fu ucciso da un sicario, e reca in mano la palma del martirio. La Confraternita intitolata al santo attiva a Recanati fin dal 1337, contribuì alle spese per il Polittico di San Domenico.

Accanto si staglia l’elegante figura di San Vito. Quest’ultimo, santo martire e patrono di Recanati, vissuto ai tempi di Teodosio II, indossa un’armatura nella parte inferiore, nella parte superiore una cotta a maglia di ferro, tagli d’asoline nelle maniche e un ornamento di vistosi nastri colorati.

Santa Lucia e San Vincenzo Ferrer (pannello laterale superiore sinistro)

Nel pannello laterale superiore sinistro emerge dall’oscurità Santa Lucia, riconoscibile dalla palma del martirio e dal vasetto di vetro in mano contenente l’olio: dal vasetto si alza, tenue e trasparente, invisibile quasi ad occhio nudo, rossa su rosso, la fiammella accesa, attributo della santa. Mentre la presenza di Santa Lucia, raffigurata con lo sguardo rivolto verso il basso, non è ascrivibile all’ordine domenicano, ma al fatto che a lei era intitolata la confraternita cofinanziatrice del Polittico; lo spagnolo San Vincenzo Ferrer, vissuto tra XIV e XV secolo, è invece figura centrale nell’Ordine. È ritratto mentre rivolge lo sguardo all’esterno con una ben visibile fiammella in mano, a differenza di quella impalpabile di Santa Lucia, simbolo della fede che arde senza bruciare.

Santa Caterina da Siena e San Sigismondo (pannello laterale superiore destro)

Nello scomparto superiore di destra la prima santa raffigurata è la domenicana Santa Caterina da Siena, teologa filosofa e mistica: come Santa Lucia ha lo sguardo rivolto verso il basso, intenta a contemplare il crocifisso e il cuore sofferente, attribuito legato al rapporto di intima e suprema religiosità tra la santa e Cristo.  Al suo fianco il personaggio identificato da Giorgio Vasari come San Sigismondo, l’antico imperatore dei Burgundi vissuto nel VI secolo; non si esclude, tuttavia, che possa trattarsi di Sigismondo di Lussemburgo, l’imperatore protagonista del Concilio di Costanza (1414-1418), convocato per porre fine allo Scisma d’Occidente.

Compianto di Cristo morto sorretto da un angelo, san Giuseppe d’Arimatea, la Vergine e Maria Maddalena (cimasa)

Nel sesto scomparto (ovvero la cimasa), è raffigurato il Compianto sul Cristo morto, alla presenza di un angelo, della Vergine, di Santa Maria Maddalena e di San Giuseppe d’Arimatea. Protagonista della scena è la sofferenza di Cristo, sostenuto dall’angelo dalle splendide ali e dalla veste rosata; il suo corpo è rigido, connotato dai segni del martirio subito e sta per essere collocato nel sepolcro il cui bordo è primo piano mentre sullo sfondo si percepisce l’ingresso roccioso dell’antro dove esso è collocato. Alle spalle di Cristo morto si staglia l’attonito Giuseppe d’Arimatea dagli occhi visibilmente arrossati dalle lacrime mentre, in modo compassionevole, regge teneramente con le mani la testa e il busto di Cristo. A lato esplode la sofferenza della Madonna, il cui volto, di cui si intravede solo il contorno degli occhi, è oscurato dal suo stesso mantello; accanto la figura sommessa di Santa Maria Maddalena, che bacia la mano esamine di Cristo.

 

• Lettura storico artistica e i legami con l’arte del tempo da quella veneta a quella nordica

Fu Giorgio Vasari il primo a individuare il polittico come opera di congiunzione tra la stagione pittorica quattrocentesca, incarnata a Venezia da Giovanni Bellini e la maniera moderna introdotta in laguna da Giorgione. Infatti, benché siano evidenti i legami stilistici con gli artisti attivi sulla scena veneziana, guidata da Giovanni Bellini ma ben rappresentata anche da Cima da Conegliano e Alvise Vivarini, Lotto dimostra anche la conoscenza dell’arte coeva di Giorgione, evidente nella figura di San Vito (che ricorda il San Liberale nella pala giorgionesca del duomo di Castelfranco Veneto del 1503-1504) e nell’angelo dello scomparto centrale, la cui posa ricorda quella della Giuditta (The Hermitage Museum, San Pietroburgo 1504 circa). Forte di queste premesse, Lotto connota il Polittico e i suoi personaggi di un senso di instabilità emozionale che costituirà la sua cifra stilistica e autentica. Nel contempo si matura nel Polittico l’assimilazione da parte di Lotto delle novità introdotte da Albrecht Durer a Venezia: si notano infatti vicinanze con la Pala di San Bartolomeo (oggi a Praga), anche per  la verità naturale del paesaggio a volo d’uccello dietro la figura di San Vito; il legame con il Cristo fra i Dottori (Madrid, Coll. Thyssen-Bornemisza) da cui riprende sia il gioco di intrecci delle dita di San Tommaso e del San Sigismondo, sia la scelta di far emergere dallo sfondo il volto di San Giuseppe d’Arimatea della cimasa.

  

 

I DETTAGLI

 

• L’architettura

Lorenzo Lotto concepisce il polittico, articolato su indicazione della committenza in scomparti, come uno spazio unitario, un ambiente dove la luce, i personaggi e l’intero corpo narrativo sono concepiti e strutturati in un contesto visivo reale e tangibile. I personaggi in primo piano, pur se distribuiti in tre scomparti, sono collocati, infatti, in un unico spazio ecclesiastico articolato in una cappella centrale e due minori laterali; essi sono illuminati dalla luce che proviene da destra come effettivamente era all’epoca, essendo la chiesa addossata al palazzo comunale e quindi priva di luce sul lato sinistro. La verità della scena è dimostrata da alcuni dettagli che rivelano la grandezza della visione dell’artista: lo spazio della cappella centrale è delimitato da una volta a botte a lacunari con rosette di ascendenza bramantesca; i catini delle absidi decorati a mosaico su fondo dorato; la lancia di San Vito scende dallo scalino e si posa oltre il bordo della cornice; grappe di ferro fissate a piombo legano il cordolo di pietra del pavimento; i lati dell’ambiente sono aperti e dietro San Vito si apre un paesaggio.

• I gioielli

Dai documenti sappiamo che Lorenzo Lotto amava moltissimo i gioielli e soprattutto i cammei, frequentava regolarmente gioiellieri e orafi, con cui strinse duraturi rapporti di amicizia: ricordiamo Gian Pietro Crivelli, i fratelli Antonio, Bartolomeo e Vittore Carpan, Lauro Orso, Girolamo Pulino da Recanati, Tommaso da Empoli. La familiarità con questi personaggi e la passione per questi oggetti lo portano fin dalle prime opere, come il Polittico di Recanati, a rappresentarli in modo straordinario. Si notino il fermaglio del piviale, il ricciolo del pastorale che inizia con un delfino e finisce con un angelo appeso alla sua coda e l’anello col sigillo di San Flaviano; il gioiello con Cristo come pellicano appuntato sul petto di San Vito e il pomolo niellato della sua spada; la pesante collana d’oro e la cintura dalla grande fibbia di San Sigismondo.

• Gli strumenti musicali

Uno dei particolari tra i tanti indimenticabili del Polittico è quello offerto dai due putti musicanti seduti sotto il trono della Vergine, ricorrenti nelle opere sacre veneziane di Giovanni Bellini. Sono colti nel momento in cui, come resisi conto della solennità della scena, smettono di suonare; il più grande di loro, il primo sulla sinistra, ha già riposto la piccola ribeca e con l’archetto appoggiato sul braccio dell’altro, lo avverte, delicatamente, di sospendere di suonare il liuto. La ribeca, uno strumento musicale ad arco, dalle due alle cinque corde, ha la cassa di risonanza piriforme ricavata in un blocco di legno duro e tavola armonica con aperture a forma di CC. Il liuto, che raggiunse la massima diffusione nel XVI secolo, è composto da un guscio costruito con doghe di legno. Il manico è complanare alla tavola armonica e ad esso è fissato, ortogonalmente, il cavigliere a spatola, che è reclinato. Nel Rinascimento il liuto era il principale strumento utilizzato per la musica di corte e profana, poteva essere suonato con i polpastrelli o con un plettro di legno o osso.

Le armature

Tra i dettagli più straordinari del Polittico spiccano le armature dei santi Vito e Sigismondo. Il primo, raffigurato nello scomparto laterale destro, indossa l’armatura idonea per andare a cavallo, quindi composta solo della parte inferiore, con scarpe di maglia di ferro allacciate al piede e lancia con vessillo. Straordinaria la minuziosa resa della cotta in maglia di ferro in sottili anelli, anche dorati, che sporgono anche all’altezza delle ginocchia. La spada, uno stocco a una mano e mezza, con elsa a doppia S, è riccamente decorata e lavorata con la tecnica dell’agemina, l’antica tecnica di lavorazione ad intarsio dei metalli. San Sigismondo, raffigurato nello scomparto superiore laterale destro, reca una spada di manifattura tedesca, utilizzata nell’ambito dell’attività venatoria, la cui impugnatura in argento risulta decorata con foglia d’oro e avorio.

 

Skip to content